Crimini e misfatti  (1989), film di Woody Allen con Martin Landau, Mia Farrow, Woody Allen, Alan Alda etc.

Crimini e misfatti esula dai classici capolavori del maestro di New York (Zelig, Io&Annie, Manhattan, etc) Il registro utilizzato per la storia è metà drammatico e metà commedia, infine il giallo impunito. “L’universo è un posto senza Dio e, a meno che noi non ci costruiamo una nostra etica, non c’è nessuno che ci punisca: ll delitto paga: i buoni perdono, i cattivi vincono, come nella vita, quasi sempre”.

Crimini e misfatti di Woody Allen cambia decisamente registro, abbandona la comicità e realizza uno dei film più complessi e pregnanti della sua carriera, considerato tra le migliori opere del grande regista.  Ambientato nella cornice dell’alta borghesia ebraica di Manhattan, colta e benestante, il film è strutturato secondo due intrecci narrativi indipendenti, che s’incrociano soltanto nel finale. A fare da sfondo c’è, come al solito, una New York dai toni autunnali, meravigliosamente fotografata da Sven Nykvist.

Crimini e Misfatti: La storia

Judah Rosenthal è uno stimato oculista e un padre di famiglia felice; ma quando la sua amante Dolores, minaccia di distruggere la sua reputazione e il suo matrimonio, Judah dovrà ricorrere a una soluzione estrema. Cliff Stern,( Allen) è un documentarista frustrato nella professione e nella vita privata, alle dipendenze dell’arrogante cognato Lester,  che s’innamora della regista Halley Reed (Mia Farrow)

Il tratto comune delle due storie raccontate nel film è che entrambi i personaggi principali si trovano, seppure in maniera diversa, di fronte a delle difficili scelte morali. Il primo caso è di Judah Rosenthal (Martin Landau), un uomo rispettabile e facoltoso perseguitato dalla sua possessiva amante Dolores (Anjelica Huston); per liberarsi della donna ed evitare uno scandalo, Judah deciderà di assoldare un killer per ucciderla, ma poi dovrà convivere con i sensi di colpa. L’altra vicenda riguarda invece Cliff Stern (Woody Allen), un maturo documentarista che s’interroga a proposito dell’esistenza, cercando la risposta nell’amore per la collega Halley (Mia Farrow) e nelle parole cariche di speranza del professor Levy, un filosofo sopravvissuto ai campi di sterminio. La sua ricerca, però, è destinata a un doppio fallimento Halley, infatti, preferirà il cognato Lester (Alan Alda), un volgare produttore televisivo, mentre il professor Levy commetterà un incomprensibile suicidio “passando per la finestra”.

Se da un lato l’umorismo tipico del regista è stemperato da un’ineluttabile amarezza (da non perdere, comunque, l’esilarante documentario anti-celebrativo girato da Cliff), dall’altro il dramma di Judah assume contorni da tragedia; è evidente, da questo punto di vista, l’influenza della letteratura di Dostoevskij ,in primo luogo Delitto e castigo,  (per il tema della responsabilità morale dell’individuo) e della filosofia di Nietzsche (la realtà come uno spazio vuoto, la negazione di ogni valore certo). Emblematica la figura del rabbino Ben (Sam Waterston), allegoria della cecità umana, ma anche di una religione incapace di risolvere i nostri dubbi sulla vita e dell‘assenza di Dio, indifferente alla sorte dei propri figli.

In conclusione, la fiducia in una giustizia assoluta è soltanto un’illusione, il rimorso di Judah svanirà nel nulla e il suo crimine rimarrà impunito. A Cliff, dopo il suo confronto con l’altro protagonista Judah , non resterà che la passione per il cinema e la consapevolezza che siamo solo noi, con la nostra capacità di amare, che diamo significato all’universo.  Nel 2005, Woody Allen proseguirà la riflessione sul crimine e la colpa con un film analogo, l’eccellente Match point.

Woody Allen in ogni suo film descrive terreni diversi.

In Crimini e misfatti all’inizio del film con il personaggio di Martin Landau si trovano idee strettamente religiose: l’universo è un posto senza Dio, salvo che noi non ci costruiamo una nostra etica, non c’è nessuno che ci punisca La seconda storia, il triangolo fra Woody, Mia Farrow e Alan Alda, è nata per rinforzare questi temi, includendo l’adorazione universale per il successo e la sua critica. Per la prima volta in una sceneggiatura di Allen è prevista una morte violenta per omicidio, il senso di colpa richiesto e invocato, per poi farlo pian piano scomparire in una dissolvenza in chiusura.

Colonna sonora intrigante con brani di musica classica e jazz, F. Schubert nelle scene che portano all’uccisione di Dolores, ed alla scoperta del suo cadavere da parte di Judah

L’indifferentismo morale e l’autoassoluzione quotidiana hanno preso il posto della punizione biblica

La scena del film che si svolge nella casa paterna di Judah, ora abitata da estranei, sembra quasi possibile che l‘Io adulto di Judah possa comunicare col microcosmo familiare, dove l’occhio di Dio sembra essere divenuto cieco dinanzi ai crimini compiuti dell’umanità.

Crimini e misfatti lega i due piani della narrazione

La vicenda di Judah e quella di Cliff, si fondano sul tema dello sguardo. L‘oculista che teme lo sguardo inquisitorio di Dio, si ferma a guardare il cadavere della donna che dice di avere amato e che ora giace morta ai suoi piedi, ma soprattutto, evita quello sguardo interiore che gli farebbe scoprire, sin dall’inizio, quell’universo freddo di cui parla il professor Levy. Dolores vuole vedere la moglie di Judah, per un chiarimento che non avrà luogo e che le procurerà una morte a occhi aperti. Il trait d’union tra questa vicenda e quella di Cliff è dato da Ben, il rabbino fratello della moglie e paziente di Judah. La vista dell’uomo di fede si sta spegnendo, ma il suo occhio interiore è attento e, sa vedere in profondità nelle debolezze umane. Non a caso a lui è affidata una nota di speranza che, accompagna la sua danza di non vedente con la figlia di Judah che si è sposata in quel giorno. E’ lui l’unico fratello dei tre della famiglia della moglie che Cliff ammira.

Cliff è uno che guarda per mestiere, ma spesso ciò che vede non gli piace. Si chiude così in un suo mondo fatto di un documentario e su una vera personalità della cultura di cui nessuno sa nulla, il professor Levy.

Cliff (Allen) è dotato dell’occhio di un dio minore, ma molto potente: la macchina da presa

Con quell’occhio giudica Lester e ne scrive la condanna con un montaggio che ne sottolinea la prosopopea e la sostanziale pochezza mostrando la meschinità del personaggio. Per questo viene scacciato e definito fallito da Lester.  E’ sempre Cliff che insegna alla nipote a guardare non solo i film, che anticipano o spiegano la vita reale, ma anche il mondo. Non ascoltare i tuoi insegnanti guardali  e imparerai molto sulla vita che ti aspetta..

In un mondo in cui si è alla ricerca di una Morale, l’amore e la fiducia non hanno più spazio. La stessa sessualità ha assunto connotazioni negative. Il sesso per Judah significa tensione e poi angoscia, per Cliff non c’è più (L’ultima donna in cui sono entrato da un anno a questa parte è la Statua della Libertà), per sua sorella è fatto di esperienze sconvolgenti a catena, per Lester è una conquista in più da segnare nel proprio carniere personale. La sessualità e il sentimento dell’amore sono solo una merce di scambio deteriorata per assicurarsi la tranquillità e la ricchezza, vedi Judah con la moglie, oppure il rapporto deteriorato tra Cliff e sua moglie.

Lo sguardo dell’uomo si poggia su troppe maschere, è difficile, se non impossibile, saper vedere

Gli occhi non sono uno specchio dell’anima dice Judah. Cliff lo sperimenta a sua spese con Halley, contraddittoria come tutti; critica il magnate della televisione Lester, ma cede alla sua corte serrata (lui non vuole uno scambio di idee, vuole solo uno scambio di sudate, l’aveva avvertita Cliff). Non resta altro da fare che mascherarsi dietro uno smoking preso a nolo per ascoltare una storia troppo da film per essere vera e, troppo vera per divenire un film. Dinanzi al proprio Io gli uomini di oggi sembrano incapaci di riconoscere le loro colpe o, se lo fanno, riescono poi rapidamente ad autoassolversi.

Woody Allen delega  al pubblico la possibilità di un giudizio etico, tocca a ciascuno spettatore (come al paziente in analisi) assolvere o condannare la vita rappresentata sullo schermo.

Epilogo amaro: non c’è redenzione, il pentimento affiora, ma viene rimosso, la colpa resta, chi sopravvive è chi sa mentire a se e agli altri.

Ottimo utilizzo del cinema nel cinema con una certa piacevole ironia.

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