Colpa e depressione, a tal proposito un giorno si presenta nel mio studio una giovane donna francamente depressa, a cui era stata indicata una psicoterapia in parallelo a suo figlio, dalle maestre della scuola materna; l’indicazione segnalava il manifestarsi nel bimbo di atteggiamenti molto chiusi, assenti e poco vigili, alle attività della classe.

Sentimenti di colpa e depressione

Cammilla porta un rossetto sbiadito sulle labbra, gli occhi disegnano una marcata linea verso il basso, le spalle sono reclinate in avanti. Dal suo brano di vita emerge una madre fredda, angosciata, distruttiva, che lei ha sempre cercato di avvicinare, pur dovendo al tempo stesso allontanarla dentro di sé per non soffrire.
La madre è molto presente nella vita del figlio ma non vede i suoi problemi, che pertanto non trovano spazio dentro di lei. Abbracci e distanze sono rimaste la modalità che la donna usa con il figlio ed anche nelle altre relazioni: ha persino un compagno che vive ad 800 km di distanza e non riescono mai ad incontrarsi.

Al bambino Cammilla attribuisce tutte le sue emozioni e si meraviglia di quanto dicono di lui le maestre, vivendo un rapporto simbiotico  con lui. Lei lo vede perfetto, pensa che gli manchi solo il padre, morto prima della nascita. La paziente ha un’immagine idealizzata di sé stessa, ritiene infatti di star ben e di non aver bisogno di nessuno,  ha grosse difficoltà a riconoscere le proprie emozioni che spesso trasforma in rabbia e ambivalenza (amore-odio) verso la terapeuta, sulla quale proietta la figura materna.

Ad un certo punto si apre alla frequentazione di amici ma ha l’impressione di abbandonare il figlio e si sente in colpa. Grazie al proficuo lavoro terapeutico svolto, adesso la paziente esce più spesso senza sentirsi in colpa verso il figlio, sentimento alimentato dall’immagine che lei aveva della propria madre: «mi la lasciava spesso sola per uscire con le amiche, io restava con mio padre chiuso e riservato, ma sempre più accogliente della mamma, con lui poteva almeno parlare».
Anche il bambino è molto più sereno e non la reclama continuamente.

La comparsa del terzo, della figura maschile

Fino a quel momento nell’immaginario di Cammilla non era emerso il terzo, il padre, figura maschile sempre assente nella sua vita e, se mai c’è stato, vissuto come insufficiente, un sostituto della madre, mai nella sua specificità di uomo.
Attualmente Cammilla  frequenta un uomo che le accende il desiderio e vive con lui una fisicità nuova e positiva. Sembra permettersi il piacere fino ad ora sconosciuto.

Nella conclusione della terapia la paziente riesce a tollerare la propria inadeguatezza, abbandonando quella visione idealizzata che aveva di se stessa, può rivolgersi al maschile con desiderio, azzerando le distanze, fino a quel momento mantenute nelle proprie relazioni.
Il suo bambino è in grado di comunicare, stabilisce rapporti con gli altri coetanei, gioca e si diverte grazie al fatto che la madre lo lascia finalmente libero.

Sconfiggere i sintomi della colpa e della depressione, per volare verso il piacere

In studio la terapeuta e Cammilla lavorano molto sul senso di colpa, che l’ha sempre accompagnata insieme alla pressione dei suoi bisogni affettivi. Tema quest’ultima molto frequente nella depressione.

In terapia la paziente può finalmente accedere al senso di colpa vero, rivolgersi verso le proprie potenzialità disattese, inibite dalle preoccupazioni emotive e dai tanti sintomi fra i quali: l’ansia e l’angoscia, permettersi finalmente il piacere per intravedere il senso della vita e procedere verso la felicità.

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