Il disagio della terza età compare in maniera esemplare nel film di fantascienza Plein-75 del 2022 di Chie Hayakawa, dove il regista affronta il tema dell’invecchiamento della popolazione giapponese e l’insostenibilità del welfare.

A tale scopo il governo lancia un piano, che invita sotto una buona ricompensa economica ad una dolce ed assistita morte la popolazione che supera i settantacinque anni, per favorire i giovanie il loro accesso al mercato del lavoro, liberando la società da una generazione diventata improduttiva e inutile.

Il Giappone, paese con il più alto tasso d’invecchiamento al mondo e la più bassa natalità, rappresenta quella società capitalista che, pur sorretta da antiche tradizioni e da rigorosi codici di buone maniere, si piega in questa regia alla logica del profitto per far fuori la cospicua parte di popolazione che sembra non servire più a nulla, se non a costituire un costo.

Tra le due generazioni, ai due opposti del vivere, quella dei giovani impiegati, il cui mandato paradossale è di stabilire un legame con l’anziano per seguirne l’iter burocratico dell’eutanasia, con la raccomandazione di non affezionarvisi e, quella degli anziani votati alla rinuncia, qualcosa si muove dentro la cecità della macchina burocratica

In fondo queste due generazioni sono simili, si comprendono condividendo entrambe precarietà economica e solitudine. Sarà l’empatia, l’umanità e l’affetto che si crea nella relazione fra giovani e anziani a ribaltare il piano governativo.

Quella degli anziani è una fascia anagrafica sempre più estesa anche in Italia e rappresenta a livello demografico circa il 23% della popolazione, sebbene tale dato tenda ad essere tenuto nascosto, poiché in contrasto con l’immagine narcisista e produttiva del paese.

Il disagio della terza età e la variabilità individuale

Si pensa ormai anziana una persona che ha compiuto il 65° anno di età e, grazie all’allungamento della vita media si considerano gli ultra sessantacinquenni in buone condizioni di salute appartenenti alla terza età. Mentre riteniamo appartenenti alla quarta età persone di 65 anni con decadimento fisico e non autonomi, sebbene l’invecchiamento presenti una forte variabilità individuale, tanto da non permetterci di basarci solo sul mero principio cronologico. Nei paesi sviluppati si invecchia più tardi, è per questo motivo che si tenta di far slittare questo fascia di età da 65 anni ai 75.

Culturalmente in Italia tendiamo a connotare negativamente l’anziano, misurando il valore di una persona sulla sua capacità di produzione e efficienza. In generale tendiamo a guardare alla problematica dell’invecchiamento come momento di perdita e di ritiro dalla vita. Da un lato nella nostra società si cerca di esaltare l’eterna giovinezza, emarginando chi diventa anziano, dall’altro di alleggerire la problematica dell’invecchiamento valorizzando l’esperienza di vita e minimizzando gli aspetti involutivi che la caratterizzano.

Il mito dell’eterna giovinezza basato sulla negazione del passaggio del tempo, porta uomini sessantenni a divorziare dalla propria moglie per unirsi a giovani donne, avere altri figli, per difendersi inconsciamente dall’angoscia della malattia e della morte.

L’invecchiamento è un processo naturale che dipendente da una serie di cause genetiche e ambientali legate alle trsformazioni dipendenti dal progredire dell’età. Le sue caratteristiche involutive contemplano anche aspetti soggettivi essedo l’invecchiamento legato a fattori psicologici e di personalità a cui corrispondono modi diversi d’invecchiare.

Disagio della terza età e la valorizzazione delle risorse

La psicologia della terza età si è arricchita di una concezione olistica, nella quale prevale la centralità dell’individuo. Viene evidenziata l’importanza di una visione centrata sulla persona e sulla valorizzazione delle sue risorse, in una fase della vita nella quale si assiste al progressivo instaurarsi di aspetti involutivi relativi ad una ridefinizione del proprio ruolo e delle conseguenti possibilità individuali e sociali.

La psicologia offre all’anziano strumenti di coscientizzazione per sostenere la metabolizzazione delle proprie modificazioni, gestire gli aspetti involutivi, riconoscere le potenzialità e le risorse necessarie per ritrovare equilibrio e  autonomia.

L’invecchiamento, comporta trasformazioni cognitive e psicologiche con le progressive alterazioni strutturali e funzionali del cervello (perdita neuronale, riduzione delle connessioni interneurali, modificazione dell’assetto dei neuromediatori), che In condizioni fisiologiche ottimali possono essere compensate dal fenomeno della plasticità neuronale e dalla continua e mirata stimolazione ambientale.

La componente psicologica ha a che vedere con la personalità, la storia individuale, lo stile di vita  del soggetto. Un normale invecchiamento fisiologico si evidenzia con un rallentamento sia psicosensoriale che motorio, che si traduce in un calo dell’ideazione, dellattenzione, della capacità di ragionamento. Si evidenzia una graduale compromissione della memoria e dell’apprendimento, un’accentuazione delle caratteristiche di personalità: talvolta comportamenti più rigidi, con tratti di suscettibilità e diffidenza, talaltra pacatezza, tolleranza e distacco dalle convenzioni.

La diversa percezione del tempo

Il tempo nella senescenza tende a dilatarsi: il passato diviene un rifugio ideativo e affettivo e  restringe il presente. il futuro, resta  privo di progettualità, dilaga il pensiero negativo.

Per contrastare questo quadro fisiologico involutivo occorre disporre di una stimolazione psicologica e psicoterapeutica costante e un buon esercizio.

Intorno ai 65 anni e prima dei 75, circa la metà delle persone convive già con una patologia cronica (malattie cardiovascolari, respiratorie, neoplasiche, metaboliche) e la percentuale sale col progredire dell’età.

I confini tra ciò che è fisiologico e ciò che è patologico non sono sempre netti, ma costituiti da situazioni di instabilità che si alternano a momenti di apparente benessere. Una vecchiaia patologica conduce verso compromissioni funzionali più o meno gravi, dovute al  fatto che il soggetto si viene a trovare in una condizione esistenziale nuova, nella quale si modificano i rapporti con l’ambiente, con il corpo, con il mondo.

I quadri psicopatologici maggiormente riscontrati afferiscono alle demenze (termine che descrive una vasta gamma di sintomi associati alle funzioni cognitive). Si possono osservare sindromi confusionali, come il delirium, le malattie psicosomatiche, abuso di alcol o psicofarmaci.

La depressione

La depressione è un sintomo importante nell’ambito della psicopatologia dell’invecchiamento e riguarda aspetti neurobiologici ma soprattutto psicologici. Gli anziani si trovano più esposti a confrontarsi con lutti e perdite, che conducono a vissuti di solitudine e senso di vuoto, che sviluppano angosce collegate al declino della mente e del corpo.

Il passato spesso viene vissuto nel rimpianto di non aver realizzato le proprie potenzialità. L’accumularsi di questi vissuti di frustrazione e di esclusione comporta risposte di abbattimento, isolamento, ansia, ipocondria, ossessività.

Il disagio della terza età e la psicoterapia analitica

Già nei primi anni del Novecento, Freud manifestò dubbi sull’efficacia di una psicoterapia del profondo dopo i cinquant’anni, ritenendo che la mancanza di elasticità dei processi mentali necessari nella dinamica di un trattamento analitico avrebbero reso il percorso lungo e inutile. Maggiori conoscenze circa il processo d’invecchiamento hanno in seguito evidenziato la possibilità di applicare la psicoterapia analitica alle persone anziane.

Nella terza età alle inevitabili perdite si possono contrapporre abilità individuali, solo in parte compromesse dal processo di invecchiamento in relazione alle caratteristiche della personalità ancora vitali ed efficienti.

La psicoterapia dell’anziano è indicata laddove l’invecchiamento induce sofferenza e disagio esistenziale, al fine di focalizzare il soggetto su obiettivi concreti per rendere più tollerabili e gestibili le situazioni personali: rimodulando le effettive opportunità, accentando le  limitazioni e dedicandosi alla stimolazione delle funzioni cognitive e, alimentando l’autostima.

Nel lavoro terapeutico con gli anziani è necessario tener conto delle loro effettive capacità, del generale rallentamento cognitivo e del calo della working memory, del background culturale individuale, nonché delle diverse esperienze accumulate. Il lavoro con gli anziani rappresenta  una sfida professionale dello stesso terapeuta, richiede di procedere a piccoli passi, tali da consentire di offrire maggior serenità e armonia al soggetto in trattamento.

Quali psicoterapie per gli anziani?

Il disagio della terza età ha necessità di cure, quali: la Psicoterapia di sostegno, una forma d’intervento basilare, che si pone l’obiettivo di ristabilire equilibrio in quei casi lievi dove è tuttavia necessario un supporto per mantenere l’adattamento al livello migliore possibile.

Le terapie cognitivo-comportamentali (CBT) che consentono nuove e più funzionali strategie di coping e di problem solving con miglioramento della fiducia e padronanza di sé. L’integrazione della terapia farmacologica con la psicoterapia produce risultati ottimali.

Le terapie di gruppo permettono di esplorare problemi individuali e relazionali con la guida di un terapeuta. Lo scambio di informazioni, l’incoraggiamento e il mutuo sostegno sono funzioni fondamentali dei gruppi terapeutici.

Le Psicoterapie analitiche si focalizzano sull’esplorazione dei fenomeni di transfert e controtrasfert sulle motivazioni inconsce, sulle angosce e sulle difese. Il lavoro interpretativo con l’anziano è più impegnativo se il paziente associa alla motivazione buone capacità d’ introspezione la psicoterapia può consentire la riorganizzazione adattativa degli investimenti libidici, permettendo di affrontare traumi e perdite.

La relazione terapeutica stessa può esercitare un’influenza rivitalizzante sull’anziano, in un momento in cui i legami relazionali diminuiscono è un utile strumento di nutrimento affettivo.

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