Jung e la maschera, ci rimanda alla definizione di “Persona”, che per Jung corrisponde al nostro aspetto esteriore, il quale viene inserito in un ruolo che regola le nostre relazioni più superficiali. Jung prende in prestito il termine dal latino Persōna Persōnam, ovvero la maschera che gli attori solevano indossare durante le rappresentazioni sceniche. La Persona era solo un riflesso dell’immagine del personaggio interpretato dall’attore, ne riprendeva i lineamenti, lo caratterizzava, lo inseriva, in un ruolo.

Jung e la maschera: l’antica tradizione del Carnevale

Jung e la maschera ci conduce associativamente all’antica tradizione del Carnevale, col suo pullulare di maschere e di travestimenti, che attraverso i suoi consueti riti, permette al soggetto di alleggerirsi dal peso della propria identità di ruolo, professionale, sociale e culturale. Mascherarsi, indossando un costume per gioco e divertimento autorizzati da una festa, ci permette di contattare ludicamente il bambino che è dentro dentro di noi, e di sentirci più liberi e leggeri. La maschera, possiamo dire, ha un potere rigenerante.
Ma nella vita reale è importante avere la consapevolezza che non siamo mai veramente liberi dalle maschere psicologiche che indossiamo, se non forse quando siamo soli con noi stessi e inauguriamo un dialogo interno con il nostro vero Sé.
 

Jung e la maschera come filtro

A livello psicologico la maschera rappresenta un filtro che l’uomo pone tra Sé e gli altri e che caratterizza ogni momento di relazione e interazione sociale nella nostra vita.
Tale circostanza, spesso inevitabile, ci aiuta in situazioni sociali specifiche, come quelle lavorative, nelle quali gioco forza, occorre ricoprire e interpretare un ruolo specifico, che prevede tutta una serie di atteggiamenti e comportamenti.
Il problema si evidenzia quando non siamo presenti a noi stessi e c’è mancanza di consapevolezza nei confronti dell’esistenza della maschera che indossiamo. Quando non siamo in contatto con il nostro vero Sé, con le nostre aspirazioni ed emozioni, tendiamo a costruire inconsapevolmente delle maschere che rappresentano solo il nostro sé ideale, ciò che non siamo”, ma che portiamo avanti in modo rigido, acritico e sistematico, senza averne alcuna coscienza. Ci identifichiamo con la maschera, senza possibilità di vedere altro di noi.
Nei miei studi di Livorno e Lucca, in quanto “psicologo” e grazie alla mia lunga esperienza clinica, come psicoterapeuta analitica, mi capita spesso di scorgere dietro il disagio psicologico, causato dalle nevrosi: ansia, panico e fobie, un’evidente repressione del proprio io, che la persona mette in atto inconsciamente come difesa personale, per evitare il conflitto con gli altri, ma soprattutto con Sé stesso.

Il percorso d’individuazione

Jung e la maschera, durante il “percorso psicoterapeutico” inizia pian piano un lento, ma continuo processo d’ “individuazione” che aggiunge consapevolezza e conoscenza al proprio Sé. Questo permette al soggetto di contattare le proprie risorse e la propria creatività, oltre a fargli raggiungere la conoscenza dei propri limiti. E’ solo allora che le paure e il panico diminuiscono, perchè come sottolinea Jung, esse perdono la sua funzione di allerta e difesa, togliendo persecutorietà alla vita e alle sue maschere.

 
Anche immaginando la nostra vita come un palcoscenico è necessaria una profonda consapevolezza e coscienza di Sé, tale da permetterci, di riconoscere ruoli e personaggi, che via via interpretiamo, senza ridurre la nostra vita psichica al caos di una continua festa di Carnevale, nella necessità di indossare molte maschere, ci allontaniamo sempre più dalla nostra autenticità.
E’ molto importante sapere chi “non siamo”, per permetterci di riconoscere chi  effettivamete “siamo!”
 
Se desideri conoscerti per ciò che effettivamente sei contattami!
 

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