La bellezza della solitudine e l’isolamento sono due modi diversi di vivere e spesso vengono scambiati l’una con l’altro, probabilmente sfugge il significato psichico di questi due atteggiamenti e di ciò che ad essi consegue.

La solitudine è una delle struttura fondamentale della vita

Ogni esperienza umana di solitudine ha da un lato una dimensione soggettiva, e dall’altro una dimensione temporale, aperta al futuro, all’avvenire e alla speranza, dove è possibile rintracciare tutti gli aspetti più fecondi dell’animo umano. Il dialogo interiore con la solitudine è quella condizione psicologica nella quale ci si separa momentaneamente dalle persone per intrattenerci con noi stessi, con la nostra immaginazione e creatività. Tutto ciò senza mai perdere il desiderio della relazione con l’altro. Al contrario l’isolamento rappresenta l’allontanarsi dagli altri e dal mondo, e il dissolversi delle relazioni interpersonali e sociali, restando chiusi e imprigionati in se stessi. Questa differenza fra i modi di essere interiori della solitudine, e quelli dell’isolamento cioè <dell’essere-soli>, non sono sempre tenuti ben presenti.

La bellezza della solitudine e l’isolamento è necessario riconoscerli per analizzarli

Non c’è dialogo creativo che non abbia come premessa la solitudine interiore, una riflessione che dia forma ai nostri pensieri capaci di germogliano dal silenzio e dalla contemplazione. La solitudine risiede dentro di noi, nella nostra soggettività ed è un modo di fare anima. Il silenzio e la solitudine sono quelle esperienze psichiche che ci aiutano a vivere meglio, in un mondo come quello attuale, sempre collegato è necessario salvaguardare la dimensione della solitudine come premessa di ogni riflessione.

La solitudine non resta aperta alle sollecitazioni che giungono dalla vita, essendo un’esperienza complessa, matrice del cambiamento e della trasformazione. Mentre l’isolamento ci allontana dagli altri, crea il vuoto in noi rendendoci incapaci di relazionare, ci sottrae al passato e al futuro, immergendoci in un presente senza memoria e senza speranza. Il vuoto, occupato dall’isolamento, viene riempito di contatti virtuali che evaporano rapidamente senza lasciare traccia. La condizione più profonda dell’ isolamento è quella che si realizza nella vita emozionale di coloro che si ammalano di depressione, malattia oggi sempre più diffusa, che conduce verso in una lontananza dal quotidiano, dolorosissima.

Accade di sentirci soli sebbene in mezzo a tante persone e di non sentirci soli sulla vetta di una montagna, se abbiamo un rapporto profondo con noi stessi, e un’apertura col nostro inconscio. Così anche soli su un’alta montagna, la nostra anima non è dilaniata dalle angosce e dalle paure dell’essere-soli, se si è inaugurato quel dialogo interiore rivolto alla trascendenza, che va ben oltre le nostre facoltà conoscitive e ci conduce ai confini del nostro io.

La bellezza della solitudine è definita dalla relazione con l’altro

La stessa cosa non avviene nell’isolamento, come dice Eugenio Borgna nel suo libro <La solitudine dell’anima>: “L’isolamento nei riguardi della solitudine è come il mutismo nei riguardi del silenzio. Tacere, essere nel silenzio, significa che si ha, o si può avere, qualcosa da dire: anche se non si ha voglia di dire nulla; mentre, nel mutismo, non si ha la possibilità di dire qualcosa”.

Nella solitudine, si continua a essere aperti al mondo alla nost-algia, (nonostante il dolore) e al desiderio di mantenersi in una relazione significativa con gli altri; tutto ciò in netta antitesi all’isolamento, che potremmo definire come “solitudine negativa”, nella quale restiamo chiusi in noi stessi e alla trascendenza.

Trasformare l’isolamento in solitudine

La solitudine è ben diversa dall’isolamento, attraverso la solitudine negativa, ci allontaniamo dal mondo, immergendoci in mondi sconosciuti annientati dall’indifferenza e dal rifiuto di ogni dialogo. L’isolamento non offre alcuna possibilità di apertura all’esterno, precludendo la solidarietà e il contatto con chi soffre. Liberarsi da questa condizione comporta riuscire a trasformare l’isolamento in solitudine. Il cammino della cura e della psicoterapia è orientato in questo senso. Nel tentativo di ricreare questo passaggio, i contenuti emozionali si faranno via via spazio, occupando quel vuoto e ottenendo la trasformazione auspicata.

Il percorso di cura: la psicoterapia

La condizione d’isolamento può essere il prodotto di una malattia depressiva o della perdita di relazioni sociali significative, oppure causata da conflittuali personali, egoistici ben lontani dalla sofferenza psichica ma che hanno a che vedere con l’aridità personale del soggetto, con le aree di disertificate emozionalmente e con l’incapacità di rivivere gioie e dolori, che popolano l’animo umano. Ciò che fa paura non è l’isolamento originato da una malattia della psiche ma quello causato dalla glacializzazione delle emozioni e dei sentimenti.

Prigionieri nelle sabbie mobili dell’isolamento: il fenomeno dei “Hikikomori”

In questa tensione tra la bellezza della solitudine e l’isolamento s’inserisce il fenomeno dei Hikikomori , il cui termine significa letteralmente “stare in disparte” ed è usato in gergo per indicare coloro che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, chiudendosi in casa, senza avere alcun contatto diretto con il mondo esterno. Questa forma di autoisolamento sociale è un disturbo psicologico in aumento anche tra le fasce di età più adulte. Chiudersi nella propria camera di fronte ad un computer significa aver paura dell’altro ma soprattutto di se stessi; sentire il bisogno di uno spazio protetto e di uno schermo per interagire solo con una realtà virtuale, per la paura del contatto diretto e fisico, che minaccia la perdita del sé e il timore di disgregarsi.

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