La cultura Agender in Giappone si articola tra moda e tradizione. A Tokyo, si può restare sorpresi dagli stili stravaganti ideati da giovani adulti modaioli, che investono il nostro sguardo, creando una specie di teatro di strada. Le stradette affollate diventano le passerelle per adolescenti dell’abbigliamento tanto colorato e fantasioso da ricordare i pavoni.
Sessualità sfocate e pratiche gender bender
Le boutique sono piene di cosmetici e prodotti di bellezza rivolti indifferentemente a maschi e femmine e spesso è difficile distinguere il genere dei passanti. Considerato che un aspetto genderizzato ,“femminile” o “maschile”, spesso, ma non sempre rivela il sesso di una persona. La recente moda giapponese degli stili “agender”(senza genere) può confondere alcuni visitatori: “la persona che è appena passata era una donna o un uomo?”
Anche se il look Gender Bender, cioè che trasgredisce le regole tradizionali dei ruoli di genere, attira in egual misura le ragazze e i ragazzi giapponesi, i media si sono generalmente focalizzati sui giovani maschi che si truccano, si tingono i capelli, scelgono acconciature femminili,indossano vestiti androgini.
Questi maschi Agender affermano che, non solo, non stanno cercando di farsi passare per donne, ma non sono neppure per forza tutti gay.
A volte, quando si documenta il look agender del Giappone di oggi, si tende a trattarlo come se fosse un fenomeno contemporaneo, ignorando la lunga storia giapponese di sessualità sfocate e di pratiche Gender Bender.
La cultura Agender in Giappone: sesso senza sessualità
Nel Giappone premoderno, gli aristocratici, correvano dietro ad amanti maschi e femmine: la letteratura classica raccontava i loro incontri sessuali. Il sesso biologico delle loro prede era spesso meno importante dell’obiettivo della caccia: la bellezza trascendentale.
Molti samurai e shogun (dittatori militari) avevano una moglie principale con il fine di procreare e di stringere alleanze politiche, ma si godevano anche legami con giovani amanti maschi più giovani [cfr. “Male Colors: The Construction of Homosexuality in Tokugawa Japan” (Colori maschili: la costruzione dell’omosessualità nel Giappone dei Tokugawa”) di Gary Leupp, University of California Press 1997].
Solo dopo la formazione di un esercito moderno, alla fine dell’Ottocento, furono scoraggiati questi atti omosessuali, centrali nell’ethos dei Samurai. Per un decennio, dal 1872 al 1882, la sodomia tra uomini fu persino criminalizzata [cfr. “Colonizing Sex: Sexology and Social Control in Modern Japan” (Colonizzare il sesso: sessuologia e controllo sociale nel Giappone moderno) di Sabine Frühstück, University of California Press 2003].
Tuttavia fino a quel momento in Giappone non c’era nessuna legge che vietasse le relazioni omosessuali.
È importante sottolineare che, fino a tempi molto recenti, gli atti sessuali in Giappone non erano collegati all’identità sessuale.
In altre parole, gli uomini che facevano sesso con altri uomini e le donne che facevano sesso con altre donne non si consideravano gay o lesbiche.
L’orientamento sessuale non era né politico; né politicizzato, in Giappone fino a poco tempo fa, quando è emersa un’identità gay nel contesto dell’attivismo contro l’HIV/AIDS negli anni ’90. Oggi ogni anno ci sono marce del Gay Pride nelle principali città, come Tokyo e Osaka.
La cultura Agender in Giappone e le relazioni tra bambini e adolescenti dello stesso sesso sono state per lungo tempo considerate – e sono ancora considerate [cfr. “Takarazuka: Sexual Politics and Popular Culture in Modern Japan” (Takarazuka: politica sessuale e cultura popolare nel Giappone moderno) di Jennifer Robertson, University of California Press 1998] – come una normale fase dello sviluppo.
Da un punto di vista culturale, queste relazioni non sono viste di buon occhio, solo quando interferiscono con il matrimonio e con la conservazione della discendenza della famiglia. Per questo motivo, molte persone hanno relazioni omosessuali quando sono giovani, poi si sposano e fanno figli; alcune di loro tornano più tardi ad avere relazioni omosessuali, dopo avere soddisfatto questi obblighi sociali.
La cultura Agender in Giappone: travestitismo controverso
Come le relazioni omosessuali, anche il travestitismo ha una lunga storia in Giappone. Le prime testimonianze scritte risalgono all’VIII secolo e includono storie di donne che si vestivano da guerrieri. Nel Giappone premoderno ci sono stati anche casi di donne che si facevano passare per uomini, sia per rigettare i confini stabiliti per la femminilità, sia per trovare lavoro in mestieri dominati dagli uomini.
Un secolo fa le “modern girls”(ragazze moderne), o “moga”, erano giovani donne che sfoggiavano capelli corti e pantaloni, attirando l’attenzione (di solito negativa) dei media, mentre gli artisti le dipingevano come icone della moda. Alcuni disturbatori le chiamavano “garçons” (ragazzi), un insulto per dire che le consideravano poco femminili e per nulla attraenti. Il genere, a quei tempi, era considerato come un gioco a somma zero: se le femmine stavano diventando più mascoline voleva dire che i maschi si stavano effeminando.
Questi timori si fecero strada nei teatri. Per esempio, il varietà Takarazuka, con protagoniste solo femminili, è un teatro d’avanguardia fondato nel 1913 e tuttora molto popolare. Le donne recitano anche i ruoli maschili, cosa che all’inizio del 900′ scatenò discussioni infuocate, che continuano ancora oggi, sulle donne “mascolinizzate” sul palco e sull’influenza che potrebbero avere sulle donne fuori dal palco.
Tuttavia i maschi Agender di oggi non sono solo travestiti del fine settimana, al contrario vogliono infrangere le norme esistenti che dicono che gli uomini dovrebbero vestirsi e comportarsi in un determinato modo. Chiedono perché solo le ragazze e le donne dovrebbero poter indossare le gonne o mettersi il rossetto e l’ombretto? Se le donne possono mettersi i pantaloni, perché gli uomini non dovrebbero potersi mettere le gonne?
In realtà l’aggettivo “Agender” è fuorviante, perché questi giovani uomini non sono “senza genere”, stanno reclamando tanto la femminilità, quanto la mascolinità, come stili da indossare nella loro vita quotidiana.
A questo proposito, gli uomini chiamati “Agender” hanno corrispondenti nella storia: tra la fine 800’e l’inizio del 900′, gli haikara (colletti alti) erano uomini cosmopoliti che si mettevano la cipria e portavano con sé fazzoletti profumati, stando meticolosamente attenti al proprio aspetto occidentalizzato. Un critico, invocando gli atteggiamenti di genere, a somma zero dell’epoca, si lamentava che “alcuni uomini si dedicano al trucco più delle donne”. Gli opinionisti conservatori deridevano gli haikara come “effeminati” in virtù del loro stile “non giapponese” [The Journal of Japanese Studies].
Dall’altro capo dello spettro della mascolinità c’erano i bankara, colletti primitivi), uomini nazionalisti che indossavano geta (zoccoli di legno) per completare le loro uniformi scolastiche di stile militare. Ironia della sorte, come i loro predecessori samurai, e diversamente dai vanitosi haikara, i machi bankara si dedicano a rapporti omosessuali.
La cultura Agender e la bella gioventù giapponese
La maggiore fonte di ispirazione contemporanea per i maschi Agender di oggi è probabilmente tutta una serie di famose boy band androgine, come SMAP, Johnny’s West o Sexy Zone, tutte istruite e promosse dalla Johnny & Associates Entertainment Company, la più grande talent agency maschile, del Giappone.
Per questo tipo di maschi adolescenti formati da Johnny & Associates esiste una parola, “bishōnen” bella gioventù), che è stata coniata un secolo fa per descrivere i giovani uomini che, grazie a genere e orientamento sessuale ambigui, attraevano le donne e gli uomini di ogni età.
n modo simile, il Visual Kei è un genere di musica glam-rock e punk degli anni ’80 con artisti bishōnen con costumi e pettinature esuberanti e Gender Bender .
Nella nuova incarnazione del XXI secolo come Neo-Visual Kei, l’enfasi sull’androginia è persino più marcata, come mostra la prolifica carriera della pop star androgina Gackt, che ha fan in tutto il mondo.
Dal momento che la parola “Agender” è fuorviante, un termine migliore potrebbe essere “ultragender”, nel senso che questi giovani uomini, soprattutto a Tokyo, insistono sul proprio diritto di presentarsi ed esprimersi in modi che contraddicono e superano la mascolinità tradizionale. Durante la lunga storia culturale del Giappone, ci sono state molte cose che erano – e sono – assolutamente nuove, ma i maschi Agender non figurano tra loro.