Nella mia attività di Sessuologo capitano spesso, nei miei studi casi di matrimonio bianco. Per matrimonio bianco si intende una coppia nella quale la donna ha una forte paura di esser penetrata e l‘uomo rispetta e acconsente alla sua richiesta.
Maria, professionista di 34 anni, coniugata da 11, bella, intelligente e sensibile.
Arriva in consultazione dichiarando di non credere nella possibilità di una risoluzione terapeutica, é l’ultima spiaggia, prima di rinunciare definitivamente, poi afferma: “Non ha mai avuto rapporti sessuali con mio marito, né contatti fisici, né carezze, il mio matrimonio è completamente desessualizzato”, privo cioè di attività sessuale.
Pur esprimendo una parte femminile molto seduttiva, successo professionale e fascino, Maria tende a controllare tutto come faceva sua madre: fredda e distante. Suo padre è un uomo debole, schiacciato dalla mamma e da lei poco apprezzato e stimato. La vita erotica di Maria è molto viva a livello di fantasie sessuali.
È iniziata nella preadolescenza, quando prima di addormentarsi amava raccontarsi storie sentimentali ed erotiche accarezzandosi le pelvi e la vulva.
Tuttora è attivo questo rituale della notte che riattualizza nella sua mente scenari erotici. Lei immagina incontri sessuali con uomini diversi, il suo teatro romantico e sentimentalizzato diventa una sorta di auto-stimolazione fantastica.
Le sue fantasie erotiche le permettono di evadere da una realtà insoddisfacente e non mancano i sogni sessuali notturni, che confermano nel contenuto le medesime fantasie diurne.
Matrimonio bianco: il rapporto col marito
Nei confronti del marito Maria sente un amore fraterno, pur non provando alcuna repulsione, prevale la tenerezza nei suoi confronti a discapito dell’erotismo. Non lo desidera sessualmente, evita fisicamente ogni contatto con lui.
Il rifiuto della sessualità rafforza la tendenza al controllo di Maria, a cui segue il timore della sua vulnerabilità.
Il vantaggio secondario di questo sintomo è quello di permetterle di restare bambina, lasciando aperta la speranza inconscia di poter essere riconosciuta e amata dalla madre.
Nella ricerca a oltranza di una padronanza di sé, il suo meccanismo di difesa elettivo è l’estrema razionalità. Attraverso il suo essere algida (fredda) e anaffettiva, pensa di preservarsi dalle emozioni e mantenere i suoi confini psichici e corporei.
Nei ricordi infantili di Maria prevalgono i rumori provenienti della camera da letto dei genitori: rifiutare la sessualità è il suo modo di distinguersi dalla mamma che, a suo parere, amava la sessualità ma non mostrava affetto per la figlia.
Avversione sessuale: la Terapia
La prima tappa verso la risoluzione sessuale di Maria è individuarsi, come persona e separarsi dalla madre, differenziarsi per ritrovare la sua identità femminile, rivolgendosi per la prima volta verso la propria sessualità adulta. Riconoscersi in quanto donna, abbandonando la propria immagine interna di vergine bianca, le consentirà di permettersi un’intimità affettiva, reale col marito. Le fantasie erotiche di Maria avevano la funzione di allontanarla sempre più dalla sessualità reale, i suoi stessi scenari irrealizzabili, bloccavano l’acceso al reale.
Solo con un discreto lavoro terapeutico sulle resistenze, Maria riesce a rendere via via più verosimili i propri scenari fantastici, diventando poi capace di eccitarsi e immaginare un rapporto sessuale penetrativo col marito, visto finalmente come un uomo e non come un ragazzo, in quanto tale desiderato sessualmente.
L’inserimento del marito nelle sue fantasie sessuali non è stato facile, poiché ad esso si opponevano i tabù dell’incesto che lo vedevano prevalentemente come un fratello, piuttosto che come un marito.