Venere in pelliccia è un film del 2013, regia di Roman Polanski. con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric. Titolo originale: Venus in Fur. Genere Drammatico. Fotografia (Pawel Edelman).Il film ha ottenuto 1 candidatura a David di Donatello, 7 candidature e vinto un premio ai Cesar.

Nel film Polanski rappresenta teatralmente la guerra tra i sessi, l’adattamento è dell’omonima pièce di David Ives, co-sceneggiatore insieme a Polanski. Il lavoro è ispirato a sua volta al romanzo erotico scritto nel 1870 da Leopold von Sacher-Masoch, bibbia fondante della cultura sadomasochista.

Venere in pelliccia: trama

In un teatro di periferia un regista di mezza tacca sta cercando di mettere in scena il dramma, facendo provini per aspiranti attrici, tutte non all’altezza della parte della protagonista. Dopo una giornata pesante, deluso, egli si prepara a tornare a casa. Fuori la cinepresa riprende un viale alberato sotto la pioggia battente ed entra nel teatro onirico, luogo dell’inconscio. All’audizioni si presenta Wanda, matura, volgare, malvestita, arriva in teatro fuori tempo massimo un’attrice apparentemente del tutto inadatta al ruolo, vestita di pelle e borchie, con al collo un collare di pelle. La donna riesce a convincerlo all’audizione e, dopo poche battute Thomas si accorge che nessun’altra può aderire come lei al personaggio. Ha così inizio un sottile e ambiguo gioco a due. Lei capisce perfettamente il personaggio (che ha il suo stesso nome Wanda) conosce tutte le battute a memoria. L’audizione si prolunga, diventa intensa e trasforma l’attrazione di Thomas in ossessione.

Lo spettatore comprende subito che è entrata in scena, il personaggio chiave, si sente la magia del teatro, e del grande cinema. Dal borsone della donna escono straordinari abiti di scena, accessori inimmaginabili. Una comunissima sciarpona di lana, lunga, ampia, diventa una pelliccia bellissima, morbida e seducente e sensuale. Lei si rivela pian piano attrice e donna straordinaria, padrona della situazione. Il regista-autore incalza coinvolto, poco alla volta tutto si mescola, realtà e finzione, i ruoli si confondono, si capovolgono, regista e attore ma anche dominatore e dominato, uomo e donna. È un gioco di specchi di stampo teatrale – in cui Polanski fa recitare alla Seigner (sua moglie nella vita da 24 anni) molti ruoli in uno e Amalric (suo alter ego) le tiene testa, battuta dopo battuta, situazione dopo situazione, rappresentano la fenomenologia dell’amore, che si trasforma sempre in perversione in quanto potere sull’altro.

Vanda recita la parte, poi ne esce e suggerisce una nuova scena iniziale, si alternano ruoli di sopra e sotto, come sempre in tutte le relazioni perverse. Finché il personaggio femminile trascende nel Mito, diventa Venere e prende definitivamente il sopravvento. Il personaggio maschile che nella finzione teatrale, facendosi schiavo, intendeva ottenere la posizione del Dominus, ecco che crolla e, l’uomo, il regista-autore, cede ed è lui definitivamente dominato. Entrambi gli interpreti entrano ed escono da parti assegnate o scelte a scudo delle loro identità più profonde. Vanda mette a nudo il suo piacere di esser dominato, questa è la vendetta della Dea Venere: “Dio colpì l’uomo e lo mise nelle mani di una donna!”

Polanski mette in scena lo sviluppo  di un  dramma esistenziale e avvalendosi di due attori come Seigner e Amalric, riesce ad evidenziare luci ed ombre di un gioco di seduzione che si rivela perverso non tanto sul piano dell’incontro tra sadismo e masochismo, bensì psichicamente vengono messi a nudo non i corpi ma le anime con il loro lato oscuro, con le verità non dette, con i ruoli che uomini e donne si trovano a recitare in quel copione non scritto che è la vita.

 Thomas è stregato dall’interpretazione di Vanda e finisce per passare tutta la notte a teatro provando con lei l’intero spettacolo, a mano a mano che i due recitano, sembrano confondersi sempre più con la realtà, Thomas e Vanda non sono più un uomo e una donna che recitano delle battute, bensì una coppia innamorata e ossessionata che crede in ciò che dice.

L’unico aspetto tecnico su cui il regista decide di fare leva è la fotografia che, incupendosi progressivamente accompagna il lento trasformarsi del palcoscenico in un ambiente reale, Polanski aveva già manifestato la sua predilezione per il cinema scarno da tutti quegli ornamenti superflui che, seppur ottimi nel creare atmosfere accattivanti, distolgono l’attenzione dalla sceneggiatura e le interpretazioni degli attori, in “Venere in pelliccia” la formula raggiunge i massimi livelli. Con un cast di soli due attori, Polanski eleva al massimo delle possibilità quel genere di cinema, che imita il teatro e che tanto gli è caro.

Venere in pelliccia magnetica e provocante

Lei è una venere travolgente Magnetica e provocante, eversiva, come la venere del mito; lui scrupoloso e insicuro, le loro diversità li rendono una coppia tremendamente affascinante. Emmanuelle Seigner è in grado di mutare con una rapidità impressionante, e una credibilissima Vanda, alla quale basta uno sguardo per dire al pubblico che ha ripreso a recitare, a vestire i panni della dama ottocentesca, un minimo cenno per anticipare il commento che sta per fare in qualità di attrice e non di personaggio. Anche Mathieu Amalric dimostra di essere un interprete di talento grazie alla sua performance di un uomo apparentemente pedante e sicuro di sé, ma pronto a rendersi succube di una donna autoritaria.

Vanda rifiuta d’identificarsi con Wanda della pièce, non vuole soddisfare i bisogni masochistici del regista, lei è più creativa, mettendo a punto una atto di violenza e ammutinamento, nella forma di una ribellione/liberazione.

Venere in pelliccia, entra in scena con abito sado-maso, fa esplodere la tensione erotica tra i due protagonisti di un ambiguo gioco a due che si svolge al centro di un palcoscenico, tra loro nasce una competizione sadica, una gara di seduzione, dove i rispettivi ruoli appaiono sempre più sfumati fino a invertirsi: la preda diventa cacciatore, lo schiavo diventa padrone e viceversa.

Arrivato a ottant’anni, Roman Polanski si conferma uno dei più importanti autori, in grado di rinnovarsi di film in film pur rimanendo fedele al suo cinema e alle se tematiche . Venere in pelliccia ha tempi di montaggio perfetti che imprimono alla visione un ritmo incessante e crescente.

Polanski trasforma Amalric in se stesso (rendendolo simile a lui in tutto e per tutto) e inizia così a “scontrarsi” con la moglie in una stuzzicante sfida di seduzione. Il teatro diventa vita e la vita diventa teatro in una spietata metamorfosi che passa da uno all’altra.

 Polanski arbitra un ping pong tra due attori formidabili

Venere in pelliccia si svolge interamente al chiuso tra le quinte di un anonimo teatro parigino, ma è soprattutto “Dentro” ed ha tutte le ossessioni del filmaker polacco: l’intreccio di sadismo e desiderio che riguarda regista e attore, Vanda lo lega al fallo, strumento di tortura e stana da dentro l’uomo il femminile sottomesso, malato

Il film mette in scena il conflitto non risolto uomo-donna; il ribaltamento dei ruoli (chi pensava di manipolare si ritroverà manipolato), la crudele vanità dell’arte, la psicanalisi. Il tutto con gusto, ritmo, leggerezza.

Maschilismo e dinamiche masochiste nelle relazioni amorose

Sia lo spettacolo, sia il film, superano la storia di von Sacher-Masoch, ne svelano il significato nascosto, per riflettere sull’esistenza di dinamiche masochiste all’interno della relazione seduttiva e amorosa, e ipotizzando che esse nascondono un crescente maschilismo e un’erronea concezione dell’amore come subordinazione. Tutti enormi fraintendimenti dei quali è responsabile l’uomo contemporaneo e degni di essere puniti dall’incarnazione atavica del sentimento più puro dalla Dea Venere.

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