Violenza sessuale e familiare, un evento inquietante, che solleva livelli d’ansia non indifferenti. La necessità di comprensione del fenomeno ci invita ad una immersione nel mondo sommerso del violentatore, che ci lascia intravedere il fantasma inconosciuto di questo soggetto.
Riemersi alla superficie non sarà possibile dimenticare quell’incontro e allontanatisi da una dimensione demonizzante ci imbatteremo in un aspetto profondamente sofferente della nostra umanità.
Violenza sessuale e familiare: è paura del sesso la violenza Sessuale?
Per quanto distorta e aberrante la violenza – sia essa psichica, fisica o sessuale – contiene in sé, dal punto di vista psicoanalitico, una richiesta di accettazione, un desiderio di unione, un bisogno nascosto d’amore.
Il termine “violenza sessuale” indica l’amore unito alla violenza; un impulso d’amore (eros) che si esprime attraverso la violenza (thanatos).
Se l’amore può nascondere la violenza, la violenza può essere una forma passionale dell’amore. Lo scambio non si riduce ad un semplice gioco di travestimenti, un’ingannevole apparenza.
Fra l’uno e l’altro c’è una parentela profonda: non solamente la violenza precede l’amore, ma senza dubbio non c’è amore se non perché c’è violenza alle origini stesse della costruzione del soggetto.
Ci sono degli omicidi che sono l’unico modo di dire l’amore, ci sono dei maltrattamenti, delle torture, che sono manifestazioni cariche d’odio, perché nessuno ha permesso loro di amare in modo diverso.
Catullo: “Odio e Amo…è proprio così e mi tormento”.
Amore e odio o amore dell’odio divengono sovrapponibili.
Questi due sentimenti costitutivi dell’essere umano sono in costante contrasto fra loro.
Trattandosi dell’amore e della violenza, la vita amorosa e in particolare la vita erotica si trovano ad essere fortemente implicate nel processo in questione.
Nell’immaginario maschile esiste un fiorire costante di fantasie erotiche che vedono la donna protagonista di un incontro sessuale violento e nell’immaginario femminile il protagonismo di un atto sessuale inatteso, ma non per questo meno desiderato.
Normalmente è il desiderio di conservare un rapporto buono con la persona amata che rende la relazione sessuale non violenta, attraverso la repressione dell’impulso ad agire l’aggressività, sebbene al prezzo dell’ambivalenza: amore e odio.
Al contrario ciò che caratterizza la condotta del violentatore è il prevalere degli impulsi distruttivi, un disprezzo profondo per la conservazione del legame e il desiderio di effettuare un matricidio inconscio.
L’Eros che si esprime attraverso la violenza è un “eros infantile” poiché inconsciamente legato al rapporto madre bambino: è un eros che non consente di vivere un rapporto paritario con l’altro, con la donna appunto. La violenza sessuale diventa allora la riattualizzazione di una vendetta fantasmatica inconscia: un atto d’amore mancato nel ricordo di una relazione impossibile.
I°Caso clinico di violenza sessuale e familiare
Si tratta di una violenza sessuale esercitata dal padre Antonio nei confronti della figlia minore Angela, emersa dalla confessione che Angela fece alla sorella maggiore.
La violenza protratta per diversi anni era consistita in ripetuti episodi di violenza carnale oltre a pratiche erotiche variegate.
Nell’ascolto dei diversi componenti della famiglia del genitore, il nonno di Angela riferì che il figlio era stato un bambino problematico dal punto di vista dei rapporti affettivi, non era il prediletto della madre e si era sempre mostrato irascibile e aggressivo sia nei confronti della madre che dei suoi fratelli.
Tracce di questo disturbato soggetto si evidenziavano sia nella smodata bramosia di cibo, sia nella forte competitività sul lavoro nei confronti dei fratelli, soci della medesima impresa edile. Il suo aspetto fisico era sporco con atteggiamenti animaleschi, lasciava intendere un rifiuto alla propria cura, nell’abbandono totale di sé stesso.
Antonio mostrava difficoltà ad entrare in relazione con gli altri.
Non era riuscito nel rapporto con i propri genitori, con i fratelli, moglie e figli; anche con i colleghi e vicini di casa intratteneva rapporti difficili.
Angela aveva un carattere dolce e remissivo, amava il fratello piccolo e se ne prendeva cura in sostituzione della figura materna, di cui aveva preso il posto nella gestione familiare.
Lei si presentava fragile e sottomessa agli occhi del padre e questo suo essere materna scatenava in lui tutte le sue mancanze inconsce, derivate dal desiderio di un rapporto con la propria madre, forse molto desiderato in fantasia, ma vissuto nel proprio mondo interno con ambivalenza insormontabile.
II°Caso clinico violenza sessuale e familiare
Una giovane donna venne in consulenza per risolvere difficoltà sessuali che rischiavano di far naufragare il matrimonio da poco contratto.
Lei riferì che all’età di 15 anni era stata costretta a subire per la prima volta violenza dal padre e che questi episodi si ripeterono fino a quando raggiunse la maggior età.
Quando iniziò il rapporto con l’attuale marito trovò la forza di negarsi al padre, minacciandolo di rivelare tutto, se avesse insistito nelle pretese.
Il lavoro analitico fece emergere numerosi ricordi di quel periodo: ella provava sensazioni di onnipotenza nel vedere un adulto dipendente da lei dal punto di vista affettivo. Infatti il padre le recapitava regali costosi, la giustificava sempre davanti alla madre, si mostrava geloso di lei, delle sue amicizie maschili e dei suoi amori.
Sua madre aveva abbandonato la famiglia per i frequenti attacchi aggressivi del marito da lei accusato di essere una nullità. Fra loro non c’era legame ed essendo una donna intelligente aveva cercato altrove soddisfazione e affetto.
Il padre è tutt’ora in stato di dipendenza alcolica e passa la sua vita da un ricovero ospedaliero ad un altro.
Il caso su esposto evidenzia come alla base del comportamento del violentatore esista una vera e propria paura di confrontarsi con la femminilità adulta e matura, percepita come soverchiante la propria debolezza.